Chi sono i poveri per Lollobrigida? Lavoratori? Senzatetto? Ma ovvio che no, sono i contadini!

Caro ministro Lollobrigida, non la vedo proprio in fila alla Caritas, per avere una minestra calda. Perché si sa, dove mangiano i ‘poveri’ c’è roba buona.

Non voglio sprecare tante parole contro questo individuo dato che non se lo meriterebbe. Vorrei però soffermarmi su un lato di questa affermazione. I poveri.

Chi sono i poveri per Lollobrigida? Lavoratori? Senzatetto? Ma ovvio che no, sono i contadini! E questo possiamo capirlo dalla tranquillità con cui, secondo il ministro, essi mangino cibo di una qualità superiore. Perché è ovvio, se hai il tuo campo, il tuo orto, curato e ben trattato, allora gli ortaggi saranno più buoni. Poi ci sono gli allevatori, quelli che i maiali li lavorano con le loro mani. Per non parlare di chi macina la farina, con il proprio mulino. Poi si va tutti al mercato per vendere e, come logico che sia, si tiene per se una parte per sfamare se stessi e la propria famiglia. Benvenuti nel 1950!

È chiaro che la visione della povertà, nella mente del ministro, evochi paesaggi incontaminati, colorati dal giallo dei campi. Ma non è così! I poveri abitano loro malgrado in città, in quartieri ghettizzati e molto spesso vicino a zone industriali. Lo voglio vedere Lollobrigida a piantare i pomodori nel terrazzo dei palazzoni di Tor bella monaca. Quindi no, chi è povero non ha il proprio orto ma fa la fila al supermercato, possibilmente discount per risparmiare. Chi è povero mangia la carne una volta a settimana e ha un’enorme dispensa di legumi. Forse la verdura è fresca ma si tratta pur sempre di un fruttivendolo che affaccia su una grande arteria stradale, sicuramente non l’immagine che si era prefigurato il ministro.

Io non so se questa visione distorta della povertà sia frutto di un’ignoranza abnorme, ma spero sia così. Perché altrimenti si tratterebbe esclusivamente di propaganda elettorale. Una propaganda volta a costruire un’immagine fantasiosa dell’Italia. Un paese di contadini e allevatori. Di grano e mucche. Di stradine e mulini. Un’Italia che non esiste più da 80 anni e che spero, come tutti quelli che hanno fatto quella vita e che oggi vivono nella comodità della città, non torni mai.